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giovedì 15 febbraio 2018

Legna da ardere: il rapporto prezzo_fregatura. Prima Puntata

Il mercato del legno da riscaldamento è sempre stato, al contempo, povero e ladro. Il commerciante ha sempre avuto margini risicati, rispetto a quello che è il prezzo di costo della materia prima e sta alla sua onestà e voglia di rimboccarsi le maniche l’esito di una transazione pulita rispetto alla clientela. 
Molte sono le leggende narrate nelle patrie osterie che parlano di come "chi venda legnami bagni la produzione per imbrogliare il peso; spacci materiale “moro in piedi”- dato per acquistato a minor costo dal narrante di turno- per sano; manometta bollette a scapito del committente per fare sparire dal carico un congruo numero di quintali".
Si sa che le leggende hanno sempre un fondo di verità e nello specifico ciò che si basa su fatti oggettivi è solo l’ultima ipotesi. Nel caso della legna da ardere, il “trucco” è sempre stato nella manomissione del peso.
Manomissione che è tanto più certa, quanto più è basso il prezzo di vendita del materiale.

Quanto deve costare, allora, per essere certi di un riscontro corretto?
Stando ai parametri dell’Ufficio delle Entrate, che prevedono un ricarico del 55% rispetto all’acquisto, ovvero, mediamente, € 85,00/ Ton più I.V.A., per il pubblico il costo al minuto del legname si dovrebbe aggirare attorno a € 150,00/ Ton, pena la non congruità dell’azienda stessa nella dichiarazione dei redditi.
Ciò, va detto, vale per le realtà che segano e spaccano autonomamente il materiale.

Chi non ha produzione, ovvero ha solo un camioncino per le consegne, non riuscirebbe mai a proporsi nei termini appena presentati.

Il problema, però, risulta proprio essere il “commerciante” che ha solo il camioncino: va a comprare il legname lavorato dai grossisti al prezzo previsto per la vendita al minuto e lo propone a costi addirittura inferiori per riuscire ad abbindolare il cliente: dagli € 10,00 agli € 12,50 al quintale.
La gente, che va sempre in fiducia, al 99% ci casca alla grande e, convinta di “fare l’affare”, si fa “mettere sul groppone una barca di quintali” incredibile. Il caso più eclatante di cui sono a conoscenza si traduce nell’aver fatto corrispondere a 06 cubi di materiale sciolto un peso di 74 quintali a fronte di un dato reale di un massimo di 35 c.ca..
Il cliente che si fa abbindolare in questo modo, per la foga di dimostrare di saper fare gli affari meglio degli altri, contribuisce a porre in crisi i commercianti onesti che si accontentano del margine che riescono a ritagliarsi.
Questi soggetti, si ritrovano loro malgrado, al fine di reggere la concorrenza sleale dei furbastri sopra descritti, ad abbassare il prezzo fino a € 13,00 al quintale (questa soglia non può essere superata, pena l’adeguamento del peso dichiarato a cifre più compatibili al guadagno), cosa che comporta loro non pochi problemi con il fisco.
Così facendo e puntando molto su una grande qualità di servizio, riescono a galleggiare tra mille difficoltà.

Stando anche a quest’ultima realtà, quindi, per essere ragionevolmente sicuri della correttezza del commerciante, va verificato prima il prezzo, almeno 13,00/ 14,00 € al quintale, poi se il medesimo ha produzione propria e quanti dipendenti vanta.....
Quelli descritti sono i fondamentali da sapere per l’acquisto di materiale sfuso segato e spaccato e per “sfuso” intendo non palettizzato.
Volete saperne di più su legname in bancale, stagionature, consorzi ed affini? 
Certamente, ma alla prossima puntata....
(Fonte:www.dovatu.it)

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