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mercoledì 27 febbraio 2019

CORSO BASE DI APICOLTURA.




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Pecorino e la guerra del Latte. Una pastora sarda ci ha detto come potrebbe risolversi il problema del prezzo del latte

Il sistema è malato soprattutto a causa del Pecorino e degli USA. Non bastano i tavoli di discussione ne fiumi di latte per le strade, non bastano le minacce alla politica che di latte se ne intende poco. Ecco quale potrebbe essere una soluzione…
Siamo tutti solidali con i pastori sardi. Dalla loro c'è la solidarietà di praticamente chiunque.
In sostanza ogni litro di latte di capra o pecora che questi pastori producono viene pagato circa 60 centesimi al litro dalle industrie o caseifici che lo trasformano in formaggio. E l'opinione pubblica è stata giustamente colpita dalle scene di decine di pastori che riversano migliaia di litri di latte per le strade sarde. E da Giletti che ne versa un goccino in studio.
"La situazione sta colpendo tutta la Sardegna. Ormai sono tre giorni che abbiamo bloccato la vendita, anche se molti pastori preferiscono sempre vendere a poco piuttosto che non farlo"
Si capisce che 60 centesimi al litro non copre quasi nemmeno le spese di produzione di quel latte. In alcuni casi si arrivava anche a 55 centesimi. E nonostante questo ancora molti sono i pastori che, disperati, pur di mettersi in tasca qualcosa, hanno deciso di continuare a mungere e vendere alle aziende. C'è caos, c'è paura e c'è la forza di una coesione che comincia però già a sgretolarsi. E la causa di tutto questo sapete di chi è? Del pecorino romano.
Quel triangolo di pecorino a pochi euro che prendete al supermercato per insaporire la vostra carbonara è la causa delle proteste in Sardegna degli ultimi anni. È il punto di riferimento per il prezzario del latte, proprio come era l'oro per l'andamento del mercato qualche tempo fa.
Ma perché proprio il pecorino? Perché lo usano tutti, piace all'estero e non costa niente. La cosa divertente che la DOP del pecorino romano prende come primo territorio, prima del Lazio e di Roma, la Sardegna tutta. Da sola la Sardegna riesce a soddisfare mercato locale, nazionale e, in parte estero. Tra latte sardo e latte importato e quindi trasformato.
La bolla economica del pecorino romano è molto semplice: un anno si produce di più e invece di reinvestire nella filiera - comprando macchinari nuovi, trattare nuovi accordi con la distribuzione -, si prendono le eccedenze e si cede al gioco del mercato a ribasso degli Stati Uniti. A loro il pecorino serve, piace, e appena hanno sentito che ce n'era di più hanno pensato bene di chiederlo a prezzi stracciati. E le aziende casearie sono state ben felici di acconsentire, date anche le penali ridicole che si pagano per ogni kg di formaggio prodotto in eccesso. Roba come 0,016 centesimi di multa. Ecco, tutto questo ha portato a un crollo vertiginoso del costo del latte, a discapito dei contadini.
Quello presente in Sardegna è un vero e proprio Cartello: una delle cose più giuste da fare sarebbe l'autoproduzione
Quindi, per capirci qualcosa di più, ho contattato una pastora sarda:
Felicia Vargiu abita e fa pascolare insieme al compagno il proprio gregge dalle parti di Gonnosnò, in provincia di Oristano, un paese di 700 anime circa. L'abbiamo contattata perché, oltre ad avere un punto di vista diverso sulla questione, è anche uno dei pochi pastori che non vende il suo latte per la produzione di Pecorino, ma è comunque lesa dal gioco al ribasso.
"La situazione sta colpendo tutta la Sardegna. Ormai sono tre giorni che abbiamo bloccato la vendita, anche se molti pastori preferiscono sempre vendere a poco piuttosto che non farlo", mi spiega Felicia, cercando di farmi capire la questione della lotta che c'è, è forte, ma poco organizzata.
"Il problema è la mentalità dei sardi. Qui in Sardegna abbiamo una grande quantità di formaggi, che vanno dal Fioresardo a prodotti di nicchia. Noi per esempio andiamo in un caseificio che non tratta per niente il pecorino romano. Quando dico che il problema è nella mentalità, è perché in molti vanno dove c'è un porto sicuro. Ci si organizza solo per il pecorino romano e si pensa solo a quello." Il punto è sicuramente che gli industriali hanno da sempre fatto il loro gioco dettando legge sui prezzi di mercato a cui i produttori dovevano sottostare senza poter dire nulla. 
E poi, ogni tanto, quando il prezzo è davvero troppo basso, si svegliano con delle proteste. Una cosa simile era accaduta anche nel 2003 per esempio, quando Cagliari era stata bloccata. 
Ma non c'era a quel tempo sicuramente la portata mediatica dei social.
"Quello presente in Sardegna è un vero e proprio Cartello: una delle cose più giuste da fare sarebbe l'autoproduzione, ma essendosi creato un mercato solo intorno a quello, autoprodurre significherebbe in primo luogo non avere spazio per vendere.
La politica in questo caso si è svegliata abbastanza in fretta, nella solita figura da eroe poliziotto di Matteo Salvini che, dopo aver promesso viaggi, dialoghi, tavoli di trattative come fosse la cosa più facile del mondo, è tornato a mani vuote.
"La politica si è alzata in piedi non appena i pastori hanno detto che bloccheranno la democrazia durante le elezioni regionali del 24 febbraio. Ma sono solo spaventati e fanno il gioco delle industrie. Figurati che l'ultima proposta (dopo una richiesta di almeno 1 euro da parte dei pastori) è stata di 72 centesimi al litro più degli incentivi da dare per buona parte ai produttori di formaggi. Cioè, ancora una volta non si ascolta il povero pastore.", mi dice ancora Felicia. "Questa è gente che prende il latte da Romania e Bulgaria a due spicci per poi farci il pecorino e spazzare così l'economia dei pastori sardi."
A questo punto, però, mi sono chiesto quale potesse essere la vera soluzione del problema alla radice. Per averla ho sentito anche un altro pastore, ma abruzzese. Gregorio Rotolo, una delle superstar dei produttori di formaggio italiano. Volevo sentirlo per avere un parere esterno e per capire quanto cambia dai pascoli sardi a quelli sulla penisola.
"Il problema sono le cooperative", attacca Gregorio. "Se la smettessero di pensare che le cooperative siano la cosa migliore non si andrà mai da nessuna parte. Com'è possibile che per presentare un prodotto posso farlo solo se sono parte di un consorzio?" Secondo lui c'è solo un modo per combattere tutto questo. "Sono, siamo tutti vicini ai pastori sardi, ma la soluzione è quella di trasformare da sé i propri formaggi. Produrre il latte e trasformarlo. So che non è facile perché non puoi soddisfare il mercato interno e basta, ma se si trovasse un modo per fare tutto da soli, allora si può essere davvero liberi. Così facciamo in Abruzzo nella maggior parte dei casi, per dare un prodotto buono e per fare del bene alla terra, che stiamo ammazzando".
Tra le altre cose, uno dei modi per sopravvivere come pastore, mi diceva, è quello di non fare il pastore. Di non girare con le capre, ma per l'Italia a sponsorizzarsi in tutti i modi. 
Anche se il suo sogno era stare al pascolo.
Ma se la soluzione proposta dall'esterno, da Gregorio, non fosse attuabile in Sardegna, allora quale potrebbe? Alzare forzatamente il prezzo del latte? "Io credo che le soluzioni siano fondamentalmente due: la prima è controllare la quantità di bestiame. Dire proprio quanto terreno hai e in base a quello quanti capi puoi possedere e multarti se ne hai di più o comunque non comprare più della quantità stabilita.", mi dice di nuovo Felicia. "Considera che siamo un milione e mezzo di esseri umani e due milioni e seicentomila tra pecore e capre in Sardegna. L'altra soluzione invece è regolamentare. Non è più possibile accettare multe di questo tipo e non è possibile ridurre tutto ai consorzi di pecorino romano. Io e il mio compagno non facciamo trasformare nemmeno il nostro latte in pecorino, facciamo prodotti di nicchia, ma il prezzo del nostro latte è comunque soggetto a quello. È arrivato il momento di pensare anche alle persone."
Forse è il caso anche di pensare che quel pecorino romano ti risolve il pranzo, ma ormai non ha più sapore. Ormai è un prodotto solo a base di sale, senza rischi, senza pretese, di cui per un po' possiamo fare a meno. (Fonte: munchies.vice.com)


lunedì 25 febbraio 2019

A BREVE IL PRIMO CORSO BASE DI APICOLTURA.


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giovedì 21 febbraio 2019

ASBUC GIULIANELLO: Nuova legge sui domini collettivi, modifiche allo statuto e nuove elezioni

Il Comitato Promotore Asbuc ha convocato per oggi, giovedì 21 Febbraio, alle ore 17:00, presso la Delegazione comunale di Giulianello, l’assemblea pubblica rivolta a tutti i residenti nella frazione di Cori, con i seguenti punti all’ordine del giorno: discussione e approvazione del nuovo statuto, la cui proposta è consultabile anche online sul sito istituzionale del Comune di Cori, e indizione delle elezioni per il rinnovo degli organi dell’ente di amministrazione separata dei beni di uso civico. La necessità di modificare lo statuto dell’Asbuc, redatto secondo la precedente normativa di diritto pubblico, segue all’approvazione della nuova legge in materia di domini collettivi che ha modificato la personalità giuridica di tali organismi, ora di diritto privato. Resta l’autonomia statutaria dell’Asbuc, da esercitarsi però secondo le regole civilistiche.
Spiega l’Assessore agli Usi Civici del Comune di Cori Luca Zampi, che interverrà all’incontro insieme al Sindaco Mauro De Lillis – “Il Comitato promotore di cui sono uno dei fondatori è lieto di attivare la procedura che a breve permetterà all’ente esponenziale della comunità di Giulianello, titolare dei diritti di uso civici sull’ex feudo de Iuliano, di dotarsi nuovamente dell’organo amministrativo. Se non fosse intervenuta la legge 20 novembre 2017 n. 168, non sappiamo quanto altro tempo la nostra comunità avrebbe dovuto attendere prima di poter andare nuovamente a votare: è dal 2015 infatti che aspettavamo la nomina del Commissario per l’indizione delle nuove elezioni da parte della Regione. Questo sarà un importante momento di democrazia e perciò auspico un’importante partecipazione dei concittadini”.

mercoledì 13 febbraio 2019

AGRINEPI. La Mostra Mercato dell'Agricoltura della Tuscia.

La Mostra mercato agricolo e di animali da cortile AGRI NEPI sarà presente tutte le II domeniche del mese dando un appuntamento fisso per grandi e piccini per diventare un punto di riferimento per le famiglie viterbesi, delle province e addirittura regioni vicine che visitano la Fiera ogni mese, dando la spinta agli organizzatori. 
La AgriNepi nasce per essere un evento che si svolge la seconda domenica di ogni mese. Diventa un appuntamento fisso per un numero molto elevato di visitatori

EVENTI DIVERSI PER OGNI MESE...come protagonisti i prodotti della terra del periodo…..castagne, vino, uva, zucche, e via via……ed inoltre visite a Monumenti ,Musei,Parchi,Chiese…… 
La Fiera è un’occasione da non perdere, c'è ne è veramente per tutti, è ricca di interessanti occasioni ed è molto varia e fornita. All'interno di essa c 'e' un' area interamente adibita alla vendita degli animali da cortile. Per il resto possiamo trovare macchinari agricoli, capi d’abbigliamento, utensili da lavoro , giardinaggio, piante ornamentali e piante da frutto...sementi…..mangimi per animali ;specialità gastronomiche, libri, bigiotteria…articoli per la casa ed anche i prodotti tipici delle varie regioni d’Italia e di zona. 
Saranno selezionati gli espositori che provenienti da tutta Italia esporranno e venderanno la loro merce.  
All'interno della Country Love sara’ allestita un’area giochi per i piccini, ed un’area per la fattoria didattica dove puntualmente ogni mese Aziende agricole dimostreranno la produzione di prodotti agricoli. 
AgriNepi vuole è un mercato mensile di merci e bestiame, che si svolge ogni seconda Domenica del mese, ed e’ nato per diventare un’importante realtà commerciale non solo a livello locale e provinciale ma anche regionale dove sarà possibile acquistare prodotti del settore merceologico, alimentare, animali di bassa corte, equini, suini...le l’appuntamento con il mercato Agricolo 
Non quindi solo un mercato, ma una vera e propria “piazza”, un grande spazio dove oltre agli stand del mercato ci sono spazi in cui poter trovare molte proposte di attività: laboratori per i bambini in collaborazione con Aziende Agricole, esposizione del prodotto del mese, degustazioni, conferenze tematiche, musica e proposte di conoscenza della bellezza della Provincia di Viterbo. 

martedì 12 febbraio 2019

LA ZOOTECNIA SARDA E' IN COMA, MA IL LATTE NON SI BUTTA

Il latte non si butta, è un alimento prezioso, costa denaro e fatica, lo si regala (come a Gonnosfanadiga, Selegas ed altri paesi) o si trasforma in formaggio, come facevano i nonni e padri, e poi lo si da a chi ne ha bisogno o a chi lo vuole. Ma per terra non si butta nulla. La protesta è sacrosanta, perché i prezzi dei prodotti agricoli, tutti, sono troppo bassi ed insufficienti a coprire i costi di produzione, ma con queste manifestazioni non si ottiene alcun risultato, se non quello di buttare una parte del proprio lavoro. Nel mondo dei campi l’anello debole sono i produttori, che lavorano bene, con ottimi risultati, ma non sanno vendere. Tra l’altro sono troppo disuniti e l’invidia, mina qualunque forma di collaborazione. Inoltre, legare il prezzo del latte a quello del pecorino romano è un errore che penalizza, da decenni, gli allevatori sardi.
Gli industriali, che fanno i loro interessi, con questo argomento hanno condizionato il mercato, facendo salire o scendere il prezzo a seconda del loro tornaconto. “Il romano in America spunta tanto. Quindi il latte vale tanto”. Ma quando c’erano i contributi per l’esportazione quei premi non venivano calcolati e finivano, direttamente, sui conti dell’industria, con lauti guadagni a fine anno.
Quando il mercato era pesante, perché le norme sanitarie erano più rigide o variavano i prelievi in entrata sul mercato statunitense, i mancati guadagli ricadevano sui fornitori del latte. Sempre la solita storia e gli allevatori, vincolati dalle caparre velocemente elargite a settembre ottobre, non potevano e non possono fare altro che chinare la testa. Anche perché non hanno alternative.
In teoria ci sarebbe lo sbocco delle cooperative, in altre regioni - ad esempio in Emilia Romagna, Trentino, Alto Adige, Veneto e Friuli – sono realtà di tutto rispetto, in grado di fare reale concorrenza e di condizionare gli industriali del settore.
La 'grande' iniziativa della Giunta regionale, per mettere ordine nel comparto ovi-caprino, è stata l’istituzione dell’Oilos, il comitato permanente benedetto anche dal Ministro dell’Agricoltura, del quale fanno parte i rappresentanti di allevatori, industriali, cooperative, consorzi di tutela, organizzazioni professionali agricole ed industriali.
Sbandierato come “grande, storica e risolutiva conquista, occasione di sicuro sviluppo” ha immediatamente prodotto danni, altro che benefici.
Per le feste, il prezzo degli agnelli, rigorosamente Igp (Indicazione geografica protetta) quindi sardi, è passato da 4-4,40 euro il chilo (peso vivo) dello scorso anno a 3-3,20 euro di quest’anno, ed il prezzo del latte è passato dagli 80-85 centesimi al litro della scorsa stagione (ma in alcuni casi il latte di maggio, giugno, luglio ed agosto non è stato pagato) agli attuali 60-55 centesimi. Un grande successo. E nei prossimi giorni, l’assessore regionale dell'Agricoltura, Pier Luigi Caria, in piena campagna elettorale perché vuole diventare consigliere regionale, presiederà una seduta urgente e straordinaria dell’Oilos, “per dare risposte certe alle pressanti richieste del mondo agricolo sardo”. Amare considerazioni e domande finali: senza latte difficilmente si fa formaggio. Se di romano se ne produce troppo, come mai i 'trasformatori' ed i consorzi di tutela non ne limitano la produzione? Gli altri tipi di pecorino 'tirano', perché non diversificare? Il mercato statunitense è quello tradizionale, ma il romano viene usato per tagliare gli amorfi formaggi locali.
Perché non modernizzare il romano rendendolo anche 'da tavola' e non solo da grattugia? Nel mondo non ci sono altri mercati sui quali entrare, puntando sempre su una migliore qualità e su tipi diversi? Ad esempio, i molli, le caciotte, i semicotti? Perché non proporre agli industriali di entrare nelle loro aziende e correre, insieme, il 'rischio d’impresa'? Perché non dare vita a cooperative che siano, effettivamente, imprese economiche efficienti, a difesa dei piccoli produttori?
Domande, finora, senza risposta, perché è più facile protestare, urlare, sollecitare qualche intervento a Governo nazionale e Giunta regionale, che in piena campagna elettorale regaleranno, benevolmente, le promesse del caso. Tanto assicurare, garantire, impegnarsi, non costa niente.
(admaioramedia.it)

lunedì 11 febbraio 2019

LIFE ASAP: firmato protocollo d'intesa tra ISPRA e SIFaP-FederFauna

LIFE-ASAP e' un    progetto co-finanziato dall'Unione Europea, dal     Ministero dell'Ambiente e della Tutela    del Territorio e del Mare e dai principali Parchi Nazionali e coordinato da ISPRA teso a prevenire e mitigare gli impatti causati dalle specie esotiche invasive, attraverso la circolazione di informazioni scientifiche sulla materia e il coinvolgimento dei diversi    settori della societa' italiana.

Con questo proposito, e' stato firmato nei giorni scorsi un protocollo d'intesa tra il Progetto LIFE ASAP, rappresentato dal Project Manager Dott. Piero Genovesi di ISPRA, e il Sindacato Italiano Falconieri Professionisti (SIFaP-Federfauna), rappresentato dal Segretario Nazionale Fabio Bonciolini.

I Falconieri aderenti a SIFaP-FederFauna si dimostrano ancora una volta, oltre che impegnati nella difesa e la promozione della professione di falconiere, anche di essere sempre in prima linea nella difesa dell'ambiente e della biodiversita'.

venerdì 1 febbraio 2019

Roma. Approvato il Protocollo d'Intesa tra Regione Lazio, Roma Capitale e Citta' metropolitana per la gestione del cinghiale (Sus scrofa L.)

E' stato definitivamente approvato e pubblicato lo schema di Protocollo d'Intesa tra tra Regione Lazio, Roma Capitale e  Citta' metropolitana per la gestione del cinghiale (Sus scrofa L.) che dovrà essere attuata, come indicato nel protocollo tecnico predisposto sall’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA) con il ricorso sinergico e coordinato a:
“1) “metodi ecologici” miranti ad evitare, in modo incruento, che esemplari di questa specie penetrino e si stabiliscano in ambienti antropizzati, (o attività di “controllo indiretto”),
2) “interventi di controllo diretto”, che comportano la rimozione degli animali sia dal tessuto agricolo periurbano sia dal tessuto urbano, attraverso la cattura ovvero mediante abbattimento..”
L’innaturale incremento numerico e distributivo della specie cinghiale nelle aree verdi e nei parchi urbani capitolini ha interessato anche alcune aree abitate della città di Roma Capitale e tale situazione si ripercuote negativamente non solo sull’ambiente e le attività antropiche ma pone seri problemi sia per la sicurezza sanitaria che per l’incolumità pubblica.
Nel documento si legge inoltre il ricorso ad azioni preventive di contrasto sia attraverso l’eliminazione di fonti trofiche facilmente accessibili (rifiuti in prossimità dei cassonetti, siti non protetti di foraggiamento per cani e gatti, orti, ecc.) sia attraverso una adeguata informazione al fine di evitare da parte dei cittadini la somministrazione volontaria di cibo ai cinghiali.