LE UOVA
La conservazione delle uova per uso alimentare è
stato un grave problema del passato e tale si è mantenuto
praticamente fino agli anni ’50. Di norma con una dozzina di galline ovaiole si riusciva a far fronte alle esigenze quotidiane e forse a raggranellare qualche spicciolo con la vendita di qualche uovo, considerando che, oltre ai capponi a
Natale, c’era il paio di galletti a Pasqua e per il periodo della trebbiatura e le 100
e più uova nel corso dell’anno, senza contare le regalie all’eventuale
fattore e al prete che “passava a benedire” nel periodo pasquale.
I
nostri nonni non
avevano la possibilità
di consumare uova tutto l’anno come invece avviene
oggi, dal momento che l’ovodeposizione era ciclica
e legata alle
stagioni.
Vecchie e nuove
statistiche alla mano
possiamo verificare come
il consumo annuo pro capite
di uova sia passato da
poco più di 100
a fine
'800
(G.Trevisani,
1902) agli attuali
221 (UNA, 2015).
Per ovviare all’inconveniente di rimanere senza uova nei
mesi invernali nei quali le galline non ne deponevano o ne producevano
in numero insufficiente, da maggio-giugno si mettevano sotto la calce e
si conservavano perfettamente, anche se erano adatte per lo più per fare
la sfoglia.
Era un procedimento semplice: si faceva sciogliere la calce nell’acqua mescolando bene, poi si lasciava riposare in modo che la calce si deponesse sul fondo e intanto si mettevano le uova uno sopra l’altro in un piccolo orcio di terracotta smaltata versandovi sopra l’acqua di calce così ottenuta.
Era un procedimento semplice: si faceva sciogliere la calce nell’acqua mescolando bene, poi si lasciava riposare in modo che la calce si deponesse sul fondo e intanto si mettevano le uova uno sopra l’altro in un piccolo orcio di terracotta smaltata versandovi sopra l’acqua di calce così ottenuta.
Fra i più
noti metodi di
conservazione vale la
pena iniziare con
quello messo a
punto da Mariot - Didieux
nella prima metà
dell’800 e riportato
da Cassella (1879). In pratica
le uova venivano conservate sotto sale,
preferibilmente salgemma, in
casse di legno
rivestite internamente di carta. Ogni cassa, contenente 600 uova, veniva
posta in un luogo fresco ed asciutto. Il tempo di conservazione variava dai sette ai nove mesi.
Tutti
i metodi attuati
al presente e
nel passato si
propongono di evitare l’evaporazione dei liquidi che le uova contendono
ed il loro rimpiazzo con aria ed inoltre di evitare le variazioni di temperatura capaci di provocare la putrefazione”.
In questa chiave va letto
il metodo di
mettere le uova,
con la punta
in alto (!?),
in vasi o
tinozze completamente
avvolte da cenere dilegno o da torba finissima, come pure il metodo di immergere per un minuto le
uova, usando panieri in filo di
ferro nell’acqua bollente.
Scienza, tecnica e ...... cortesia nei confronti della massaia, erano proprio altri tempi!
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