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giovedì 11 gennaio 2018

Oggi parliamo dell'aspetto giuridico della "Lite Temeraria". Potrebbe tornarci utile in futuro.

La lite temeraria viene disciplinata dall’art. 96 c.p.c., che così prevede: “Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza. Il giudice che accerta l'inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare [669 duodecies], o trascritta domanda giudiziaria [2652 ss., 2690 ss. c.c.], o iscritta ipoteca giudiziale [2818 c.c.], oppure iniziata o compiuta l'esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l'attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata (1).”
L’articolo contempla la responsabilità della parte soccombente per i danni provocati dall’abuso dell’agire o resistere in giudizio (MNDRIOLI). In particolare, sono previste due ipotesi di abuso del processo: 
il primo comma disciplina la condotta temeraria di chi agisce o resiste in giudizio con la consapevolezza o l’ignoranza dell'infondatezza della propria pretesa o difesa relativamente al procedimento cognitorio, mentre il secondo comma riguarda le fasi esecutive o cautelari o successive al processo. 
Occorre precisare che il secondo comma dell’art 96 c.p.c. rappresenta una norma eccezionale rispetto a quella generale contenuta nel primo comma, per cui viene applicato solo ai casi di inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare o iniziata un’esecuzione forzata o iscritta un’ipoteca giudiziale, mentre nella disciplina del primo comma rientrano tutti gli altri casi.
La responsabilità aggravata ha natura processuale, ma i danni da risarcire sono di qualsiasi tipo, purché provocati da uno dei comportamenti previsti dalla norma.
La condanna per responsabilità aggravata per colpa grave o dolo presuppone: la soccombenza dell’avversario; la prova dell’altrui malafede o colpa grave nell’agire o resistere in giudizio; la prova del danno subìto a causa della condotta temeraria della controparte. Pertanto, è necessario dimostrare l’esistenza sia dell’elemento soggettivo consistente nella consapevolezza o nell’ignoranza colpevole dell’infondatezza della propria tesi, sia di quello oggettivo, ovvero il pregiudizio subìto a causa della condotta temeraria della parte soccombente. A tal riguardo, la parte istante ha l’onere di fornire elementi probatori sufficienti per provare l’esistenza del danno.
L’accertamento della responsabilità processuale aggravata rientra tra i compiti del giudice del merito, il quale dovrà effettuare una precisa liquidazione del danno, atteso che non è ammessa una condanna generica al risarcimento dello stesso. La domanda di risarcimento danni per responsabilità processuale aggravata deve essere proposta nel giudizio nel quale il danno si è verificato; infatti, la cognizione per la condotta processuale della parte è devoluta esclusivamente al giudice adito per il merito della causa, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., e la sua decisione circa l’accertamento della temerarietà della lite non è censurabile in sede di legittimità se la decisione giudiziale è adeguatamente motivata.
L’art. 96 c.p.c. prevede una completa disciplina della responsabilità risarcitoria per fatti e comportamenti processuali delle parti, contemplando tutte le ipotesi processuali. Tale norma trova applicazione anche nelle fasi processuali incidentali rispetto al giudizio di merito, che terminino con unaex art. 91 c.p.c. Non è, altresì, applicabile nei processi senza parte soccombente, come quelli costitutivi necessari, di mero accertamento, senza costituzione del convenuto (GUALANDI).
E’ inoltre possibile l’applicazione dell’art 96 c.p.c. ai procedimenti di volontaria giurisdizione, nonché al processo fallimentare concluso con la revoca della sentenza dichiarativa del fallimento; mentre non è ammessa la sua estensione ai procedimenti relativi alla richiesta del risarcimento dei danni dovuti dall’esecuzione di sequestro penale. In senso positivo è stata risolta la questione relativa alla proponibilità o meno della domanda di risarcimento del danno in sede di regolamento preventivo di giurisdizione.
Per quanto riguarda poi il procedimento di separazione personale dei coniugi, la decisione presidenziale di assegnazione di un assegno di mantenimento ha natura cautelare, fino alla pronuncia definitiva. A tal proposito, è configurabile la responsabilità processuale aggravata, ex art. 96 c.p.c., secondo comma, qualora la moglie abbia agito senza la normale prudenza nel domandare ed ottenere il provvedimento cautelare suddetto.
Per quanto poi riguarda l’applicabilità dell’art 96 c.p.c. in sede di legittimità, un ricorso in cassazione potrà dirsi temerario quando si evince palesemente la non spettanza della domanda o emerga l’imprudenza, imperizia o negligenza anormali. Tra l’altro, la domanda di danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c. è proponibile per la prima volta in Cassazione quando si tratta di danni collegabili esclusivamente alla fase del giudizio di legittimità.
Fonte: altalex.com

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