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martedì 17 gennaio 2017

Sant'Antonio amaro tra gelo ed emergenza sisma. La crisi degli allevatori Laziali non conosce tregua..

"Siamo abbandonati al nostro destino". Questo è il grido d'allarme degli allevatori in occasione della tradizionale benedizione San Antonio Abate il Patrono degli animali che coinvolge milioni di italiani con i loro amici nelle piazze e parrocchie di tutta Italia, che quest’anno ha pero’ il centro in Piazza San Pietro a Roma dove sono giunti migliaia di allevatori che con le loro famiglie con una vera e propria Arca di Noe’. Un Sant'Antonio amaro soprattutto per gli allevatori della aree colpite dal sisma, che hanno mucche e pecore in mezzo alla neve, poiché non sono state ancora ultimate le stalle mobili, tanto che si segnalano aborti e produzione di latte dimezzata. Se i ricoveri per il bestiame non arriveranno in tempi brevi c'è il pericolo concreto che molti animali muoiano.
Nelle fattorie italiane sono scomparsi circa 2 milioni di animali tra mucche, maiali e pecore oltre al progressivo e costante spopolamento delle aree interne e montane. A questi fattori dobbiamo aggiungere il forte rischio che sta correndo l’enogastronomia Made in Italy con la dipendenza dall’estero che per carne, salumi, latte formaggi che è vicina al 40%. (secondo le stime Coldiretti).
Nonostante una importante attività di recupero in Italia sono minacciate di estinzione - sottolinea la Coldiretti - ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale della precedente programmazione. Dalla capra Girgentana dalle lunghe corna a forma di cavaturacciolo alla gallina di Polverara ritratta con il caratteristico ciuffo fin dal 1400 in quadri e opere conservati anche nei Musei vaticani, dalla Mora romagnola una curiosa razza di maiale dal mantello nerastro, con tinte dell’addome più chiare ai bovini di razza Garfagnina con mantello brinato e pelle di colore ardesia.
Ora la Regione Lazio deve necessariamente "cambiare passo" e accelerare garantendo l'ultimazione delle strutture nel giro di questo mese. A rischio non c'è solo l'economia rurale dei paesi terremotati ma l'intera filiera agro-alimentare regionale.

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