Marino, decide di adeguare i canili, che in una società normale
dovrebbe essere un iniziativa opportuna e auspicabile, visto che versano in
condizioni tali da non assicurare il benessere degli animali ospitati, e chi si
oppone? Chi dovrebbe essere stato il promotore di tali adeguamenti affinchè i
cani ospitati avessero il dignitoso trattamento malgrado l’incolpevole
detenzione in un canile.
E’ chiaro a tutti che Marino ha “attentato” ad un interesse che
potrebbe mettere in discussione un monopolio di chi in venti anni di gestione
economica del mercato nazionale sul randagismo continua a galleggiare su slogan
e frasi pietistiche. Diventa difficile non concordare con Marco Ciarafoni ed
Angelo Troi che nei loro interventi sulla questione, hanno sottolineato la
palese difesa di un interesse che nulla ha a che fare con il benessere degli
animali. E’ singolare come fino ad ora nessuno aveva posto l’attenzione sulle
condizione strutturali dei canili che ospitavano i cani e sulle modalità di
gestione.
Ma la questione è ormai vecchia, questo interesse in Italia, che per il
75% è nelle mani di un mondo associazionistico, continua ad essere affrontato
con soliti appelli e slogan pietistici finalizzati a creare nella gente il
principio che il benessere animale possa e sia garantito da un etichetta.
La gestione delle strutture e degli animali dovrebbe prescindere dalle
etichette. Privati o Associazioni vanno repressi ed annientati quando non
gestiscono in modo corretto e competente gli animali. La modifica della 281/91
dovrebbe creare le condizioni e le regole capillari della gestione dei canili.
Ma le proposte di una parte continuano a puntare su un sistema di monopolizzazione
che nulla ha a che fare con l’assicurazione del benessere animale. Noi abbiamo
fatto una serie di proposte che danno l’idea che il punto non può essere
improntato su gestioni di carattere ideologico, ma solo ed esclusivamente su
competenze, qualità e professionalità a carattere reale e non certo
autoreferenziali.
Livello delle mortalità, figure professionali obbligatorie, quali
educatori per la formazione dei cani e dove opportuno il recupero, procedure di
gestione certificate, valutazione sulle campagne di sensibilizzazione, limiti
sulla movimentazione cani ( e sarebbe opportuno parlare delle deportazioni e di
chi le gestisce) ecc, queste sono alcune delle nostre proposte che, non sono
state prese in considerazione da chi continua a sostenere un sistema la cui
unica capacità riconoscibile in questi anni è stata quella della costruita
popolarità mediatica. Queste proposte necessiterebbero di investimenti da parte
di chi gestisce le strutture e questo per qualcuno sarebbe non auspicabile visto
che di proprio non investe.
Il volontariato vero in Italia va tutelato, esso è una fonte
indispensabile al settore e non può essere sfruttato da chi si continua a
nascondere dietro bandiere ed etichette vendendosi per animalista ed
utilizzando il 70% dei propri introiti, acquisiti da contributi dei cittadini,
per la promozione ed il
mantenimento delle proprie organizzazioni.
Si continua a tentare di occupare le istituzioni per monopolizzare il
settore, non bastano le monopolizzate Commissioni Regionali dove si tutelano
interessi propri invece che benessere degli animali, adesso manca il garante,
che potrebbe essere opportuno, ma che non abbiamo dubbi che debba essere di una
parte, perché è sempre più necessario “ garantire” una parte non certo i cani. Facciamolo
questo garante ma facciamo in modo che garantisca gli animali e non le
etichette.
Chiudo con la mia solita frase che credo identifichi il problema
italiano: “differenziamo chi da una passione si inventa un progetto, da chi da
un progetto si inventa una passione”.
Autore: Michele Visone, Presidente Nazionale AssoCanili, Consigliere
FederFauna
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