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lunedì 29 dicembre 2014

Capponi, prosciutto, enoteche: il flop dei Comuni imprenditori

Pure i campi da golf tra i settori foraggiati...
Dai polli all'enoteca-ristorante, passando per il prosciuttificio. Dal formaggio di nicchia alla sabbia delle spiagge liguri. Dai campi da golf alle speculazioni immobiliari che complice la crisi, certo, ma per colpa soprattutto di progetti azzardati, finiscono in flop.
Se c'è una cosa che non difetta agli Enti locali italiani è la fantasia. Che insieme a paroline magiche quali «tutela», «sviluppo del territorio», «cultura e tradizioni» fa il miracolo: un consorzio di comuni qui, una srl là, ed ecco fatto, i contributi pubblici arrivano. Quanti poi se ne perdano, di soldi dei contribuenti, è un'altra storia. L'ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli, qualche mese fa ha puntato l'indice contro questa stortura del sistema che vede ben 1651 partecipate classificate come «altro», alias commercio al dettaglio, all'ingrosso, farmacie comunali, sino al paradosso di un prosciuttificio e due enoteche. «Circoscrivere il perimetro», è stata la sua indicazione, netta: «Il primo punto è dare piena attuazione alla norma (introdotta con la legge finanziaria del 2008) per cui le partecipate devono agire strettamente entro i compiti istituzionali dell'ente pubblico partecipante, evitando di produrre beni e servizi che il settore privato può offrire». E invece, nel settore alimentare, ma non solo, i comuni si sbizzarriscono.
Prendiamo per esempio i capponi. Anzi il cappone, il Cappone di Morozzo. Ha il suo bel consorzio ad hoc, «Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Cappone di Morozzo e delle produzioni avicole tradizionali», nato nel 2001 e con zero dipendenti ma, ovviamente col suo bravo Cda. Consorzio che «si propone recita il sito internet oltre alla valorizzazione, all'incremento della produzione ed al commercio del Cappone di Morozzo e delle produzioni avicole tradizionali, anche la promozione di iniziative che saranno ritenute idonee per incrementare il consumo dei prodotti mediante marchi depositati, denominazioni di origine, indicazioni geografiche ed attestazioni di specificità». E ha pure, dal 1999, un bel marchio di presidio Slow Food, anzi è il primo presidio che il papà di Slow Foood, Carlin Petrini, si è inventato. Risultati? Una fiera, che cade si svolge ogni anno a dicembre. L'allevamento e la vendita certificata dei preziosi capponi. E un bilancio magrissimo, stando ai dati Cerved: zero utili.
Dai capponi al vino. Anzi, all'Enoteca regionale del Lazio, un piano di privatizzazione e risanamento avviato un anno fa, ma prima meglio conosciuta come il ristorante «a scrocco» per i politici. Eh già, perché l'Enoteca Palatium era, e più o meno è ancora, appunto un ristorante. Un ristorante di mamma Regione che secondo il calcoli del liquidatore ora amministratore unico Antonio Rosati, spedito dal governatore Nicola Zingaretti al vertice di Arsial (l'enoteca è appunto una società di Arsial) nel tempo - è nata nel 2004 - è riuscito a bruciare tra assunzioni spropositate e pasti gratis offerti ai politici ben 1,650 milioni. E per di più senza pagare affitto, visto che la sede della Palatium, nella centralissima via Frattina 94, è di proprietà regionale.
Dal cibo allo sport. Anzi, a uno sport d'elite come il golf. In Trentino Alto Adige, per esempio, è una partecipata il Rendena golf spa, un impianto sportivo. La società è a zero dipendenti e ha chiuso il 2013 (dati Cerved) con meno 9.871 euro. Dalla montagna al mare, alle spiagge della Liguria, con varie partecipate che gestiscono gli stabilimenti balneari e con relativi progetti per la tutela dell'originalità della sabbia. L'elenco potrebbe continuare all'infinito, non c'è praticamente ambito commerciale in cui non si trovino delle partecipate comunali, in genere in perdita rispetto al privato. Un esempio? Le farmacie comunali: sono 182, e hanno una perdita lorda media pro-quota, nel 2012, pari a sei milioni di euro.


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