A causa di una legislazione mal posta, spesso influenzata dalle pressioni della lobby animalista, negli ultimi 15 anni hanno chiuso circa la meta' degli allevamenti europei, nonostante la produzione del settore sia aumentata.
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venerdì 11 giugno 2021
Filippi: la guerra degli animalisti agli allevamenti intensivi genera allevamenti piu' intensivi...a discapito dei piccoli
Il Segretario Nazionale di FederFauna, Massimiliano Filippi: la guerra degli animalisti agli allevamenti intensivi genera allevamenti piu' intensivi... a discapito dei piccoli
Questo sicuramente perche' le aziende agricole maggiori sono quelle che hanno beneficiato di piu' dei sussidi comunitari, ma anche perche' i parametri che la legge impone circa le caratteristiche funzionali delle aziende: dalla gestione dei reflui agli spazi riservati agli animali, sono mal pensati e difficilmente sostenibili dalle piccole realta', che risultano quindi penalizzate.
Nel mentre i grandi allevamenti, che hanno maggior capitale alle spalle e parecchi ettari su cui contare, anche delocalizzati, non incorrono in questi problemi. Alla faccia delle campagne degli animalisti contro "l'allevamento industriale".
Innanzitutto e' necessario fare chiarezza sulle definizioni di allevamento intensivo ed estensivo, che non si riferiscono al numero totale degli animali presenti o alle dimensioni degli spazi in cui vengono tenuti, come viene spesso erroneamente presentato, ma deriva dai termini inglesi "Capital Intensive e Capital Extensive". Il primo categorizza quegli allevamenti in cui gli investimenti sono superiori al valore del lavoro profuso, ovvero la manodopera, mentre il secondo categorizza gli allevamenti in cui il valore del lavoro supera gli investimenti.
Basti pensare ad allevamenti con stalle moderne, sale mungitura all'avanguardia e numerosi mezzi agricoli contro una stalla in legno e pietra sugli alpeggi.
Puo' capitare quindi che in un allevamento intensivo gli animali abbiano grandi spazi in cui muoversi, mentre in un allevamento estensivo gli animali siano tenuti in spazi ben piu' ristretti, senza che cio' influisca negativamente sul loro benessere, ma cio' che capita piu' spesso, purtroppo, e' che ad un piccolo allevamento venga imposto di adeguarsi strutturalmente e funzionalmente a parametri che gli risultano economicamente insostenibili e che ne decretano quindi la chiusura.
Aveva fatto ben sperare in una inversione di tendenza la "intenzione di arrestare il processo della scomparsa delle piccole fattorie" dichiarata dal commissario all'agricoltura della UE Janusz Wojciechowski qualche giorno fa. Purtroppo, il giorno successivo la Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo ha agito in senso esattamente opposto, chiedendo che la Commissione Europea produca una proposta di legge per vietare l'uso delle gabbie negli allevamenti...
Adesso le solite associazioni animaliste racconteranno la solita favola delle galline felici nell'aia della nonna (tanto nessuno si chiede quanto debba essere grande l'aia della nonna per produrre i 6 miliardi di polli che vengono macellati ogni anno in UE), ma di fatto, ancora una volta, quali saranno quelle aziende in grado di avere gli spazi e i capitali per allevare rinunciando alle gabbie?!...
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