Uno dei piu' potenti propulsori del movimento
animalista e' l'errata convinzione da parte dei suoi adepti della propria
superiorita' morale, ottenuta e costantemente alimentata da una serie di
scelte, tra le quali spicca quella del regime alimentare, rigorosamente
vegetariano, meglio ancora vegano.
La propaganda che fomenta queste scelte fa parte di
una vera e propria strategia di marketing, infatti tende ad indirizzare il
comportamento economico delle sue "vittime", non solo quando le
spinge a finanziare direttamente il movimento con donazioni, volontariato o
quant'altro, ma anche indirizzando i loro acquisti, con una comunicazione
pubblicitaria, forse deprecabile, ma sicuramente ammirabile per capacita' ed
efficacia.
L'esempio piu' lampante ci viene proprio dalla
dieta. Per un essere onnivoro, quale e' l'Uomo, scegliere di cibarsi solo di
vegetali non e' facile, ma la scelta puo' essere incoraggiata con molti mezzi
persuasivi, tra i quali il proporre gli alimenti vegetali con forme, colori e
nomi che imitino gli alimenti di origine animale che il soggetto e' abituato
normalmente a consumare. Ecco perche' sul mercato compaiono non solo la
"bistecca di soia", ma anche "affettato, salame, wurstel,
pancetta, porchetta, macinato per ripieni e ragu', filetto, arrosto, maionese,
latte", tutti rigorosamente vegetali. Cio' "aiuta" molti
indecisi a compiere il passo.
Ne parlavo qualche sera fa, davanti ad una bella
grigliata di manzo e maiale, con un carissimo amico proprietario di
supermercati, che mi raccontava quale business ci sia dietro all'alimentazione
animalista e cosa spinga le catene ad inserire nei punti vendita un reparto
"vegan".
Ho appreso cosi', come una confezione da 100 grammi
di "affettato" vegano (l'etichetta non specifica se affettino la
spalla della soia o la coscia del frumento) venga venduta a 2.85 Euro, pari a
28,5 Euro al chilo, quando una vera spalla cotta di suino viene venduta a 7
Euro al chilo, una mortadella buona a 10, a 22 Euro al chilo una vera coscia di
Prosciutto di Parma Riserva Oro D.O.P.
stagionato 30 mesi.
E cosi' tutto il resto: un "arrosto"
vegano viene venduto a 22 Euro al chilo, un arrosto vero a 10; un
"wurstel" vegano viene venduto a 25 Euro al chilo, uno vero a 7; una
"maionese" vegana viene venduta a 15 Euro al chilo, una vera a 4; un
litro di "latte" vegano viene venduto a 3 Euro, cioe' tre volte tanto
quanto viene venduto quello vero.
Ci sara' dentro l'oro in questi prodotti vegani?
Assolutamente no! Sono essenzialmente intrugli di acqua, legumi e soprattutto
frumento e soia, il cui prezzo a Listino settimanale della Borsa Merci di
Modena e di Bologna e' per il primo di 204 Euro e per la seconda 417 Euro la
tonnellata. Al chilo rispettivamente 20 e 40 centesimi… Al chilo la carne di Vitellone (Mezzene) sta
a circa 6 Euro.
Quali sono dunque gli ingredienti segreti per
realizzare, con materie prime che costano un quindicesimo o un trentesimo della
carne, prodotti che al dettaglio si vendono a tre volte tanto la carne?
Altissimi margini per tutti gli attori della filiera, che guarda caso diventano
quasi sempre sponsor di chi attua la propaganda, e tanto, tanto, tantissimo marketing!...
Insomma, tra campagne animaliste varie,
certificazioni e marchi "vegan", "cruelty free", ecc. ,
l'arrosto vegano e' molto piu' fumo che arrosto, ma a chi lo pubblicizza, lo
produce o lo vende rende bene… e i polli lo mangiano volentieri!...
Autore: Massimiliano Filippi, Segretario Generale
FederFauna
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